Di scuola, durante la pandemia, si è scritto e detto molto. Docenti, famiglie ed alunni non sono mai stati, forse, così alleati come in questi ultimi mesi per affrontare una delle situazioni più al limite che la nostra società abbia sperimentato: 4 milioni di bambini in Italia non sono potuti rientrare a scuola e hanno concluso l’anno scolastico solo grazie all’ormai famigerata “didattica a distanza” (DAD). Quello che fino a pochi mesi fa era denunciato come un fenomeno da arginare – l’eccessiva esposizione dei bambini all’uso di device tecnologici – è improvvisamente diventato il salvagente per una scuola che si è trovata impreparata – come ognuno di noi – a gestire l’impatto del lockdown.

Ma sotto la superficie la realtà è sempre più diversificata e dal nostro osservatorio abbiamo potuto toccare con mano il “gap” – non solo tecnologico – ma culturale, sociale ed economico che non ha permesso a molti alunni di correre alla stessa velocità degli altri. Nei Municipi V e VI della città di Roma dove operiamo, in cui il reddito medio è inferiore alla media cittadina, sono state molte le situazioni di bambini e adolescenti che non hanno potuto seguire la DAD e molte le scuole che, pur svolgendo un lavoro straordinario, non hanno potuto far fronte alle emergenze. Di numerosi casi singoli ci siamo fatti carico attraverso i nostri progetti, ma usciamo da questo periodo con la convinzione che la scuola ha bisogno di educatori. Oggi più che mai!

Da qui è nata una riflessione condivisa con la Fondazione Paolo Bulgari con cui abbiamo ideato il progetto “Tornasole” che si propone tre obiettivi: il sostegno alle scuole dei quartieri sensibili per garantire che nessuno resti indietro; attivazione di reti educative di zona affinché tutta la comunità educante si senta convocata in questa delicata fase che si apre; la promozione di attività culturali sul territorio.

Nello specifico, le azioni prevedono un affiancamento ai docenti delle scuole aderenti per una presa in carico di quei minori che l’emergenza Covid-19 ha lasciato indietro, superando una metodologia assistenziale o a sportello, ma integrando i gruppi-classe in percorsi di partecipazione sul territorio: strategica sarà la riqualificazione del Parco Barone Rampante di Tor Sapienza come asse educativo e didattico delle azioni messe in campo.

Saremo felici di condividere tra qualche mese i risultati di queste azioni. Intanto, ci sia concessa una riflessione conclusiva, da educatori che osservano in modo critico il contesto in cui operano. Siamo consapevoli che le difficoltà che la scuola sta incontrando non sono il risultato di un “ritardo” culturale dei docenti o del “digital divide”: molti lo hanno affermato, ma crediamo che assumere questa analisi come punto di partenza non ci porti da nessuna parte. La scuola sta pagando anni di mancati investimenti, che le famiglie hanno compensato come hanno potuto.

La scuola non è un “gadget” del governo di turno, ma è la molecola della democrazia. Ecco perché affermare che oggi la scuola ha bisogno di educatori (e non di tablet) significa scommettere sul diritto alla partecipazione delle alunne e degli alunni. Se no, sarà sempre emergenza.